Cartonaldo Cartone for Marco Carta

Marcello, mon amour..., sceneggiatura

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currucucu
view post Posted on 19/9/2011, 15:07     +1   -1




A tutti gli amanti atipici di Marco Carta
La sceneggiatura è frutto di pura fantasia...a voi la libertà di immaginazione

Marcello, mon amour....




Mafalda, ultima sopravvissuta di una lunga dinastia di becchini, era una vecchia volpona dalla pelle color giallo come quella dei cadaveri prima della fase di decomposizione, regnava in quel cimitero ormai abbandonato, che solo la notte si animava. Mafalda li conosceva tutti i suoi zombi...dal primo all’ ultimo...e i loro cari animaletti domestici...i gecki. Ormai le era rimasto fedele solo il suo amico Zampone...“Ti avevo detto di chiudere il sarcofago! Ma guarda un po’ che hai combinato! Sta dannata coppia di gecki in calore seminerà gecketti in ogni dove!” imprecò Mafalda.
“Scusa Mafalda, non sono stato attento. Ultimamente c’ è una vera infestazione di gecki...spuntano da ogni sarcofago come niente, bisognerà eliminarne alcuni, almeno i più fastidiosi.”si scusò Zampone. Mafalda sorrise, una delle poche volte che le riesciva di tirar su quegli angoli rugosi della sua bocca sottile, ormai color cartapesta. Zampone, il vecchio barbone arrivato in quel luogo tetro tre anni fa, era affezionato alla vecchia becchina e lei lo tiranneggiava da vera sadica qual era. A Zampone questo piaceva immensamente, da buon masochista, e viscidamente ne godeva.
Tre anni fa...
in un arso pomeriggio estivo, contemporaneamente a Zampone era apparso in quel luogo un giovane poeta bohemien, bello come un raggio di sole, di statura media e ben proporzionato: spalle larghe e vitino stretto su gambe slanciate ed agili. Appena ventenne, il bel peta Marcello, aveva deciso di dedicarsi anima e corpo alla sua vena poetica e di cibarsi solo di note e versi. Era arrivato lì quel lontano pomeriggio, in cerca di ispirazione; si augurava di trovare in quel luogo i versi sruggenti per una poesia su un amore finito...ahimè.
In quel lontano pomeriggio di tre anni fa, Mafalda era intenta a controllare alcuni sarcofaghi rimasti ancora un po’ socchiusi, quando, voltandosi lentamente, incuriosita da un lieve fruscio di rami, vide Marcello di spalle, ritto e fiero allargare le braccia per accarezzare un cipresso che regalava la sua ombra ad una vecchia panchina di ferro ormai arruginito...L’ immagine di quel corpo giovane e scattante, di quei muscoli nel pieno del loro turgore, sconvolse profondamente il corpo della vecchia e un fremito scivolò lungo la sua schiena ricurva, un dolore profondo e allo stesso tempo estasiante.
Un desiderio mai provato sino ad allora catturò Mafalda, e una febbre strana invase quelle membra ormai provate dagli anni...il desiderio impetuoso di accarezzare quel corpo giovane la spinse ad avvicinarsi a Marcello che, in preda ad una crisi creativa, sfiorava il cipresso immaginandolo una giovane fanciulla bionda e leggiadra dalla cui rosea bocca uscivano le note di una canzone d’ amore...l’ amore che aveva da poco perduto...lei, Emanuela.
Mafalda si avvicinò, lui era di spalle e non la sentì arrivare ma, come un preannuncio, una sensazione improvvisa di freddo lo fece rabbrividire, un fiato gelido e repellente gli giunse al collo, proprio lì dove il suo sangue giovane e irruente scorreva gonfiandogli le vene che pulsavano accativanti e sensuali.
Marcello si girò e Mafalda, in tutta la sua decadenza fisica, gli apparve: profumava di morte e di sudore rancido, gli occhi di lei, particolarmente grandi e rotondi, lo fissavano , spalancati ed avidi quasi volessero divorare la sua giovinezza.
Quello che Mafalda provava in quel momento era un miscuglio di desiderio, passione e nello stesso tempo odio per quella bellezza così ostentata e quella giovinezza che lei non aveva mai posseduto, essendo nata vecchia nell’ anima , e vecchia ormai lo era anche nel fisico.
Sì, si era invaghita anima e corpo di quel ragazzo, così fulmineamente e intensivamente come mai le era capitato nel corso della sua lunga e triste vita. C’ erano state delle storie, forse due, ma di poco conto e non erano mai andate oltre un bacio furtivo dietro i cipressi tra le statue di marmo funeree...l’ amore carnale non lo aveva mai conosciuto. Quella passione che ti strugge il corpo e il desiderio di sentire vicino il corpo di chi brami...l’ aveva provato per due giovani aiutanti becchini che tanti anni fa trafficavano nel cimitero, forti e gagliardi come due galli da combattimento. Spesso i due si erano beffeggiati di lei chiamandola “Glaucoma” per quei suoi occhi sporgenti oltre misura e, in momenti di magra d’ amore, le avevano concesso due o tre bacetti di cui si erano poi pentiti amaramente.
Marcello, nel vederla, ebbe un sussulto di paura e pensando fosse l’ apparizione di una defunta, tanto gialla era la sua pelle e cadaverico era l’ odore che il suo corpo emanava, indietreggiò di tre passi e si fece il segno della croce augurandosi che sparisse nel nulla o ritornasse nel sarcofago da dove era uscita. Il vecchio Zampone, che nel frattempo si era seduto sulla panchina di ferro arruginito per far riposare quel corpo provato dalla fame e dalle notti insonni alla ricerca di resti di cibo, era anche lui arrivato lì quel pomeriggio seguendo quel giovane poeta, incuriosito da quei versi che lui recitava a voce alta, narranti dolore e sofferenza e che gli avevano toccato quel cuore di vecchio barbone romantico.
A Zampone, seduto, anzi abbandonato su quella panchina, erano apparse improvvisamente le immagini del passato: nitide e vive come se una macchina del tempo lo avesse catapultato indietro di trenta anni. Lui giovane e aitante, con i capelli neri e lunghi, la barba appena accennata, gli occhi verde-smeraldo, seduto su un prato a strimpellare la chitarra: nell' aria le note di una canzone d' amore i cui versi uscivano dal profondo del suo cuore. La bella Marianna lo ascoltava annoiata, giocando con un filo d'erba il cui verde contrastava con il biancore della sua carnagione. Mentre lui bramava d' amore per quella creatura dai capelli color del sole e dalla bocca le cui labbra piccole ma sensuali lo attraevano come una calamita, lei pareva non interessarsi di lui...anzi si divertiva a ridicolizzarlo con le amiche. Zampone, che aveva allora davanti a sè un futuro da menestrello, distrutto dalla delusione per un amore non corrisposto, aveva abbandonato quella sua ambizione per sopravvivere qua e là con lavoretti occasionali e poi aveva scelto la vita da barbone.
Ora quel ragazzo, Marcello, anche lui in preda alle pene d' amore. gli aveva ricordato il suo passato e lo aveva affascinato a tal punto che lo aveva seguito in quel luogo abbandonato.
Come colpito da un fulmine a ciel sereno, Zampone si risvegliò da quel sogno ad occhi aperti ed osservò la scena davanti a lui: Mafalda sgranava Marcello con quei suoi occhi rotondi e sporgenti e nella sua mente scorrevano immagini di scene di passione indescrivibili: il suo corpo, se pur decrepito, fu subito fuoco e fiamme per quel ragazzo. Lo sguardo della becchina scorse dalle labbra carnose di Marcello ai suoi fianchi snelli e alle sue spalle larghe e rassicuranti...La camicia corta di lui lasciava intravedere l' elastico degli slip, di colore contrastante ai jeans, che portava stretti e a vita bassa. Il collo forte e allo stesso tempo slanciato, con un filo di vene turgide e rigonfie di sangue giovane la mandarono in estasi. Gli occhi di lei poi dal collo scesero al petto glabro di lui. Non c'era niente di più seducente e sensuale della giovinezza di Marcello e niente di più perverso in quel momento degli occhi di Mafalda.
In quel momento in Mafalda, dopo secoli di frigidità, esplosero incontrollabili gli istinti primordiali: il suo corpo bruciava di una febbre che allo stesso tempo la inebriava e la spossava; fantasie da bollino rosso invasero la sua mente: si immaginò svestita accanto a quel corpo giovane e attraente, stretta dalle sue braccia che le avvinghiavano i fianchi scarni e rugosi e poi salivano sù accarezzandole le spalle dalla pelle flacida e giallognola mentre lei, in un vortice sublime, ricambiava avida quelle carezze in modo più intenso di lui incura di fargli male, per godere allo sfinimento di quel bel corpo profumato di giovinezza e sensualità. Poi lui, dolcemente, quasi per placare quella furia dei sensi, le chiedeva tregua con un bacio passionale che univa il suo respiro al suo.
Sì, si era invaghita anima e corpo di quel ragazzo, così fulmineamente e intensivamente come mai le era capitato nel corso della sua lunga e triste vita. C’ erano state delle storie, forse due, ma di poco conto e non erano mai andate oltre un bacio furtivo dietro i cipressi tra le statue di marmo funeree...l’ amore carnale non lo aveva mai conosciuto. Quella passione che ti strugge il corpo e il desiderio di sentire vicino il corpo di chi brami...l’ aveva provato per due giovani aiutanti becchini che tanti anni fa trafficavano nel cimitero, forti e gagliardi come due galli da combattimento. Spesso i due si erano beffeggiati di lei chiamandola “Glaucoma” per quei suoi occhi sporgenti oltre misura e, in momenti di magra d’ amore, le avevano concesso due o tre bacetti di cui si erano poi pentiti amaramente.
Marcello era lì a tre passi da lei, quasi ipnotizzato...come se quella donna, dotata di poteri da megera, lo avesse paralizzato trasformandolo in una fredda e marmorea statua. Non si accorse che il braccio di Mafalda, quasi un ramo di edera avvinghiante, aveva già lambito il suo muscoloso braccio e saliva lentamente lungo il suo collo, accarezzava , palpeggiava la sua nuca sprofondando quelle dita scheletriche tra i suoi capelli: la sensazione era la stessa che aveva immaginato fosse un giorno l’ abbraccio della morte. Ora percepiva un’ altra mano che con rapidità e violenza gli sbottonava la camicia e gli toccava avidamente il petto gablo e ansimante...Si rese conto di ciò che accadeva quando la bocca di lei quasi sfiorava la sua, aperta avidamente quasi volesse rapirgli l’ anima. Le sue gambe reagirono finalmente..con forza si liberò da quell’ abbraccio irreale e voltandosi verso l’ uscita del cimitero se la diede a gambe levate. Nel giro di pochi secondi si trovò fuori delle mura, la sensazione era ora quella di chi è scampato alla morte...sopravvissuto ad una tragedia.
Tre mesi dopo...
Marcello, dopo essere scampato alle grinfie malefiche, perverse e paranoiche di Mafalda, un pò per lenire le sue pene d’ amore e un pò per dimenticare quello spiacevole episodio al cimitero, decise di partire per un lungo viaggio verso i mari del sud, alla ricerca di se stesso e di nuove ispirazioni creative. In un porto lungo le coste del Mar Mediterraneo, di quelli che vivono soltanto in estate grazie ai turisti che lì attraccano le loro inbarcazioni, salì su un vascello mezzo decrepito ma conveniente economicamente...dove gli venne data l’ occasione di alloggiare gratis a patto di declamare ogni sera le sue odi d’ amore davanti al pubblico. Era autunno inoltrato ed il grigiore della giornata rendeva ancor più triste quel luogo. Tra i tanti disperati che bivaccavano nel vascello, c’ era un altro poetonzolo, viscido nell’ aspetto: capelli lunghi grassi e bianchi di forfora, lento nei movimenti e statico nelle espressioni...anche lui in cerca di fortuna. Il suo nome era Camomillo.
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Il viaggio fu disastroso: il vento soffiava impetuso ed il mare pareva perennemente adirato. Marcello riusciva ad esibirsi ben poco, la maggior parte dei viaggiatori passava la giornata in cabina agonizzante o sul ponte a rigettare quel poco che riusciva a mettere sotto i denti...Quando anche lui non giaceva sulle panchine del ponte...scriveva versi d’ amore adagiato sul lettino della stretta cabina che divideva con il taciturno Camomillo.
Camomillo passava le sue giornate in cabina, fissando il soffitto o scrivendo versi su un quaderno stropicciato e unto di grasso. Marcello capiva che anche lui soffriva per qualcosa o qualcuno, ma ogni tipo di approccio era destinato a fallire a causa della avversione a comunicare di Camomillo. Aveva anche notato che Camomillo conservava in una scatoletta che nascondeva sotto il cuscino di lino grezzo e ruvido alcune prugne secche. Una volta, alla domanda di Marcello per quale motivo le portasse con sè, aveva eccezzionalmente risposto:” Sono un regalo delle mie zie..per i casi di necessità. Nei lunghi viaggi si potrebbe soffrire di stitichezza...”
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Un pomeriggio Marcello, mentre osservava il solco schiumoso lasciato dalla poppa del vascello, quasi un coltello che taglia una fetta di mare, vide appoggiato ai bordi del ponte un giovane dall’ aspetto scarno, il cui viso, dai lineamenti sottili, aveva un colorito giallastro. Marcello ebbe un sussulto improvviso e la pelle gli si accaponò: l’ immagine di Mafalda gli si presentò iimprovvisamente... Si spostò irritato dalla sua postazione. Il giovane però, fissandolo, gli venne incontro. Marcello cercò di evitarlo ma lui fu più veloce e improvvisamente Marcello se lo trovò davanti. Con sguardo assente e spento gli disse:”Sono anche io un poeta in cerca di fortuna...ultimamente non ne ho avuta, per questo ho intrapreso questo viaggio verso l’ Isola di Maurizio, per partecipare alla famosa gara di poeti talentati”. Marcello lo guardò perplesso..si era imbarcato senza meta, nella sua sbadataggine aveva pure scordato di informarsi sulla meta del viaggio. Per lui era un viaggio per dimenticare, lasciandosi cullare dalle onde e accarezzare dal vento, anche se spesso impetuoso e alquanto fastidioso. Il giovane continuò: “ Mi chiamo Renatino e sono un pò malatuccio, sì, soffro spesso di depressione, talvolta non so perchè ma nelle notti di luna piena ululo come un lupo”.
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L’isola di Maurizio apparve all’ alba del trentaduesimo giorno di navigazione: era ancora coperta da una coltre di nebbia mattutina e sembrava un battufolo di cotone galleggiante su un liquido grigiastro. Al naso di Marcello, ormai stanco dal viaggio e curioso di vedere l’ isola a cui erano diretti, arrivarono profumi ed odori che preannuciavano la presenza nell’ isola della macchia mediterranea: aleccio e sughera, corbezzolo, ginepro e lentischio. Si trovavano quindi nel Mar Mediterraneo...
Ad attendere i passeggeri che sbarcavano c’era poca gente, tra questa un uomo sui quaranta anni, magro e abbronzato, reggeva un grande cartello con la scritta “Compari”. Marcello si chiese cosa volesse significare ciò. Come se avesse letto nel suo pensiero, Ginetto gli si avvicinò e gli disse, indicandogli il tipo col cartello: “Ci siamo. Vedi quel signore? ‘E lì per ingaggiare giovani talentati poeti per la famosa gara di cui ti avevo parlato...”


Edited by currucucu - 27/9/2011, 19:17
 
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antoniofan
view post Posted on 19/9/2011, 17:52     +1   -1




Immagino immaggino Ciccia........... :36_12_6.gif: :36_12_6.gif: :36_12_6.gif: :36_12_6.gif: :36_12_6.gif: :ph34r:
 
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view post Posted on 19/9/2011, 22:08     +1   -1
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Cartonaldo Cartone

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Bella storia, ben scritta e facile da leggere, è scritta molto bene Currucucu, complimenti brava. Quindi continua..
 
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Daniele al Teatro Lirico
view post Posted on 19/9/2011, 22:21     +1   -1




CITAZIONE (currucucu @ 19/9/2011, 16:07) 
A tutti gli amanti atipici di Marco Carta
La sceneggiatura è frutto di pura fantasia...a voi la libertà di immaginazione

Marcello, mon amour....




Mafalda, ultima sopravvissuta di una lunga dinastia di becchini, era una vecchia volpona dalla pelle color giallo come quella dei cadaveri prima della fase di decomposizione, regnava in quel cimitero ormai abbandonato, che solo la notte si animava. Mafalda li conosceva tutti i suoi zombi...dal primo all’ ultimo...e i loro cari animaletti domestici...i gecki. Ormai le era rimasto fedele solo il suo amico Zampone...“Ti avevo detto di chiudere il sarcofago! Ma guarda un po’ che hai combinato! Sta dannata coppia di gecki in calore seminerà gecketti in ogni dove!” imprecò Mafalda.
“Scusa Mafalda, non sono stato attento. Ultimamente c’ è una vera infestazione di gecki...spuntano da ogni sarcofago come niente, bisognerà eliminarne alcuni, almeno i più fastidiosi.”si scusò Zampone. Mafalda sorrise, una delle poche volte che le riesciva di tirar su quegli angoli rugosi della sua bocca sottile, ormai color cartapesta. Zampone, il vecchio barbone arrivato in quel luogo tetro tre anni fa, era affezionato alla vecchia becchina e lei lo tiranneggiava da vera sadica qual era. A Zampone questo piaceva immensamente, da buon masochista, e viscidamente ne godeva.
Tre anni fa, in un arso pomeriggio estivo, contemporaneamente a Zampone era apparso in quel luogo un giovane poeta bohemien, bello come un raggio di sole, di statura media e ben proporzionato: spalle larghe e vitino stretto su gambe slanciate ed agili. Appena ventenne, il bel peta Marcello, aveva deciso di dedicarsi anima e corpo alla sua vena poetica e di cibarsi solo di note e versi. Era arrivato lì quel lontano pomeriggio, in cerca di ispirazione; si augurava di trovare in quel luogo i versi sruggenti per una poesia su un amore finito...ahimè.
In quel lontano pomeriggio di tre anni fa, Mafalda era intenta a controllare alcuni sarcofaghi rimasti ancora un po’ socchiusi, quando, voltandosi lentamente, incuriosita da un lieve fruscio di rami, vide Marcello di spalle, ritto e fiero allargare le braccia per accarezzare un cipresso che regalava la sua ombra ad una vecchia panchina di ferro ormai arruginito...L’ immagine di quel corpo giovane e scattante, di quei muscoli nel pieno del loro turgore, sconvolse profondamente il corpo della vecchia e un fremito scivolò lungo la sua schiena ricurva, un dolore profondo e allo stesso tempo estasiante.
Un desiderio mai provato sino ad allora catturò Mafalda, e una febbre strana invase quelle membra ormai provate dagli anni...il desiderio impetuoso di accarezzare quel corpo giovane la spinse ad avvicinarsi a Marcello che, in preda ad una crisi creativa, sfiorava il cipresso immaginandolo una giovane fanciulla bionda e leggiadra dalla cui rosea bocca uscivano le note di una canzone d’ amore...l’ amore che aveva da poco perduto...lei, Emanuela.
Mafalda si avvicinò, lui era di spalle e non la sentì arrivare ma, come un preannuncio, una sensazione improvvisa di freddo lo fece rabbrividire, un fiato gelido e repellente gli giunse al collo, proprio lì dove il suo sangue giovane e irruente scorreva gonfiandogli le vene che pulsavano accativanti e sensuali.
Marcello si girò e Mafalda, in tutta la sua decadenza fisica, gli apparve: profumava di morte e di sudore rancido, gli occhi di lei, particolarmente grandi e rotondi, lo fissavano , spalancati ed avidi quasi volessero divorare la sua giovinezza.
Quello che Mafalda provava in quel momento era un miscuglio di desiderio, passione e nello stesso tempo odio per quella bellezza così ostentata e quella giovinezza che lei non aveva mai posseduto, essendo nata vecchia nell’ anima , e vecchia ormai lo era anche nel fisico.
Sì, si era invaghita anima e corpo di quel ragazzo, così fulmineamente e intensivamente come mai le era capitato nel corso della sua lunga e triste vita. C’ erano state delle storie, forse due, ma di poco conto e non erano mai andate oltre un bacio furtivo dietro i cipressi tra le statue di marmo funeree...l’ amore carnale non lo aveva mai conosciuto. Quella passione che ti strugge il corpo e il desiderio di sentire vicino il corpo di chi brami...l’ aveva provato per due giovani aiutanti becchini che tanti anni fa trafficavano nel cimitero, forti e gagliardi come due galli da combattimento. Spesso i due si erano beffeggiati di lei chiamandola “Glaucoma” per quei suoi occhi sporgenti oltre misura e, in momenti di magra d’ amore, le avevano concesso due o tre bacetti di cui si erano poi pentiti amaramente.
Marcello, nel vederla, ebbe un sussulto di paura e pensando fosse l’ apparizione di una defunta, tanto gialla era la sua pelle e cadaverico era l’ odore che il suo corpo emanava, indietreggiò di tre passi e si fece il segno della croce augurandosi che sparisse nel nulla o ritornasse nel sarcofago da dove era uscita. Il vecchio Zampone, che nel frattempo si era seduto sulla panchina di ferro arruginito per far riposare quel corpo provato dalla fame e dalle notti insonni alla ricerca di resti di cibo, era anche lui arrivato lì quel pomeriggio seguendo quel giovane poeta, incuriosito da quei versi che lui recitava a voce alta, narranti dolore e sofferenza e che gli avevano toccato quel cuore di vecchio barbone romantico.
A Zampone, seduto, anzi abbandonato su quella panchina, erano apparse improvvisamente le immagini del passato: nitide e vive come se una macchina del tempo lo avesse catapultato indietro di trenta anni. Lui giovane e aitante, con i capelli neri e lunghi, la barba appena accennata, gli occhi verde-smeraldo, seduto su un prato a strimpellare la chitarra: nell' aria le note di una canzone d' amore i cui versi uscivano dal profondo del suo cuore. La bella Marianna lo ascoltava annoiata, giocando con un filo d'erba il cui verde contrastava con il biancore della sua carnagione. Mentre lui bramava d' amore per quella creatura dai capelli color del sole e dalla bocca le cui labbra piccole ma sensuali lo attraevano come una calamita, lei pareva non interessarsi di lui...anzi si divertiva a ridicolizzarlo con le amiche. Zampone, che aveva allora davanti a sè un futuro da menestrello, distrutto dalla delusione per un amore non corrisposto, aveva abbandonato quella sua ambizione per sopravvivere qua e là con lavoretti occasionali e poi aveva scelto la vita da barbone.
Ora quel ragazzo, Marcello, anche lui in preda alle pene d' amore. gli aveva ricordato il suo passato e lo aveva affascinato a tal punto che lo aveva seguito in quel luogo abbandonato.
Come colpito da un fulmine a ciel sereno, Zampone si risvegliò da quel sogno ad occhi aperti ed osservò la scena davanti a lui: Mafalda sgranava Marcello con quei suoi occhi rotondi e sporgenti e nella sua mente scorrevano immagini di scene di passione indescrivibili: il suo corpo, se pur decrepito, fu subito fuoco e fiamme per quel ragazzo. Lo sguardo della becchina scorse dalle labbra carnose di Marcello ai suoi fianchi snelli e alle sue spalle larghe e rassicuranti...La camicia corta di lui lasciava intravedere l' elastico degli slip, di colore contrastante ai jeans, che portava stretti e a vita bassa. Il collo forte e allo stesso tempo slanciato, con un filo di vene turgide e rigonfie di sangue giovane la mandarono in estasi. Gli occhi di lei poi dal collo scesero al petto glabro di lui. Non c'era niente di più seducente e sensuale della giovinezza di Marcello e niente di più perverso in quel momento degli occhi di Mafalda.
In quel momento in Mafalda, dopo secoli di frigidità, esplosero incontrollabili gli istinti primordiali: il suo corpo bruciava di una febbre che allo stesso tempo la inebriava e la spossava; fantasie da bollino rosso invasero la sua mente: si immaginò svestita accanto a quel corpo giovane e attraente, stretta dalle sue braccia che le avvinghiavano i fianchi scarni e rugosi e poi salivano sù accarezzandole le spalle dalla pelle flacida e giallognola mentre lei, in un vortice sublime, ricambiava avida quelle carezze in modo più intenso di lui incura di fargli male, per godere allo sfinimento di quel bel corpo profumato di giovinezza e sensualità. Poi lui, dolcemente, quasi per placare quella furia dei sensi, le chiedeva tregua con un bacio passionale che univa il suo respiro al suo.
Sì, si era invaghita anima e corpo di quel ragazzo, così fulmineamente e intensivamente come mai le era capitato nel corso della sua lunga e triste vita. C’ erano state delle storie, forse due, ma di poco conto e non erano mai andate oltre un bacio furtivo dietro i cipressi tra le statue di marmo funeree...l’ amore carnale non lo aveva mai conosciuto. Quella passione che ti strugge il corpo e il desiderio di sentire vicino il corpo di chi brami...l’ aveva provato per due giovani aiutanti becchini che tanti anni fa trafficavano nel cimitero, forti e gagliardi come due galli da combattimento. Spesso i due si erano beffeggiati di lei chiamandola “Glaucoma” per quei suoi occhi sporgenti oltre misura e, in momenti di magra d’ amore, le avevano concesso due o tre bacetti di cui si erano poi pentiti amaramente.
Continua.....

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Mi raccomando c'è tutta la parte che ho scritto io!
 
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angela61
view post Posted on 19/9/2011, 22:36     +1   -1




pauraaaaaaaaaaaa,scrivi ciccia...madò,dopo aver letto sò che non dormirò.....a te dario argento ti fà un baffo..anzi no 2 baffi :36_12_6.gif: :36_12_6.gif: :36_12_6.gif: :36_12_6.gif:
 
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Daniele al Teatro Lirico
view post Posted on 19/9/2011, 22:42     +1   -1




E soprattutto Ciccia non ha visto..... :36_20_3.gif: :0019.gif: :0019.gif:
 
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currucucu
view post Posted on 26/9/2011, 17:47     +1   -1




Ahahaha...leggendo oggi Mafalda che si è risvegliata dal letargo... gettare l' esca al gecko numerato...che subito ha abboccato con grande soddisfazione orgasmica di Mafy...mi è venuta la spinta a scrivere....
Ai giovani poeti attende l' avventura nell' isola di Maurizio....
 
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Legit~
view post Posted on 11/11/2015, 20:30     +1   -1




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Legit~
view post Posted on 11/11/2015, 22:37     +1   -1




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8 replies since 19/9/2011, 15:07   246 views
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